Ciao a tutti voi cari Incubus fans! Il 21 aprile è uscito “8”, il nuovo e super atteso album della band!
Avete già tutti la vostra copia digitale o su cd?
Ecco la recensione della nostra boss Valentina!
Buona lettura!
Sono passati 6 anni dall’uscita dell’ultimo loro album in studio “If not now when?” (2011) e due dal loro ultimo Ep “Trust fall (Side A)” (2015).
“Eight” o semplicemente “8”, l’ottavo disco in studio della band, si è fatto attendere un po’, diciamocelo, e noi fans eravamo sempre più impazienti di sentire cosa avrebbero prodotto questa volta i nostri fab 5 di Calabasas.
“8” è un disco fatto con il cuore in mano: è emozionale, potente, commovente, divertente, scatenato, viscerale, sexy.
Scorre in fretta, forse fin troppo, ma è un concentrato di potenza e sentimenti, in cui tutti noi possiamo ritrovarci, come ogni canzone degli Incubus, che sembra siano state scritte per qualcuno di noi.
Un avviso per i vecchi fan che dopo 20 anni vorrebbero ancora una fotocopia di S.C.I.E.N.C.E.: lasciate perdere. Dopo tutto questo tempo non avete capito niente della band e mi chiedo come mai ancora li ascoltate. In “8” i suoni sono sì più duri e rock rispetto ai precedenti album, ma certe cose non si ripeteranno mai. E meno male forse. Andate a sentirvi gli AC/DC, i Metallica e gli Iron Maiden che ripropongono gli stessi suoni dall’inizio della loro carriera.
Detto questo ecco in dettaglio le canzoni del disco:
1) “No fun”: inizio con il botto! E’ una bomba che vi travolgerà e il ritornello vi entrerà in testa come un mantra da cantare ogni volta che qualcuno vi farà girare le scatole (per essere fini):
”Hey, You're no fun, you're no fun, You're a song I never wanna hear again!”
Il finale della canzone fa ricordare i vecchi tempi pazzi della band…vi piacerà!
2) “Nimble Bastard”: il primo singolo rilasciato ha un ritmo martellante e potente, ormai la conosciamo da tempo e l’associamo al video dei cagnolini bastardi che vogliono uccidere la band. Quante risate vi siete fatti? Il mixaggio è cambiato rispetto alla prima versione rilasciata, e nell’album giapponese c’è anche una versione acustica.
3) “State of the Art”: i toni si ammorbidiscono con questa canzone che mi ha fatto commuovere la prima volta che l’ho ascoltata. Un grido rivolto a chi si sta lasciando andare e sta cadendo sempre più in basso. A tutti capita di passare dei periodi neri, ma l’importante è ritrovare il sorriso, la propria luce e lo “state of the art”.
4) “Glitterbomb”: una canzone dai toni taglienti e graffianti. Si sente tutta la sofferenza e la delusione per la fine di una storia d’amore. La voce di Brandon è una lama che incide senza pietà, soprattutto quando dice: “And why won't you hear me when I'm screaming at the top of my voice? Now I remember why I'm alone!” e “I was your friend and ended up your victim, victim…”
5) “Undefeated”: preparate I fazzoletti perchè qui c’è da piangere davvero. Questa canzone è un colpo al cuore, di una bellezza disarmante quando dopo circa due minuti il suono cambia radicalmente, con una batteria intensa come il battito di un cuore sofferente. Le parole che più colpiscono sono quelle del ritornello: “I'm not dead yet, I'm not dead yet, no. I'm bent but not broken.” Ok siamo sull’orlo del suicidio, ma dalla serie mi piego ma non mi spezzo!
6) “Loneliest”: un altro pezzo lento e parecchio struggente dai suoni particolarmente pop. La canzone, ispirata al sound dell’ultimo album di David Bowie “Blackstar”, è un tributo che la band ha voluto fare al grande Duca Bianco. In un’intervista Brandon racconta che quando ha saputo della morte di Bowie stava ascoltando “Blackstar” con suo padre. Racconta inoltre che Skrillex ha aiutato molto la band a tagliare e mixare questo pezzo.
7) “When I became a man”: 56 secondi di pura follia buttati in mezzo al disco, così tanto per farvi riprendere dalla depressione. Canzone pazza ai massimi livelli come piace a noi, da canticchiare sotto la doccia con una spazzola in mano al posto del microfono.
8) “Familiar Faces”: questa canzone mi è subito piaciuta per i toni particolari, si sentono le influenze della collaborazione con Skrillex, che ha messo mano in quasi tutto il disco. In un'intervista Brandon racconta di aver scritto questa canzone dopo aver saputo, con suo grande disappunto, che diversi suoi familiari avevano votato Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti.
9) “Love in a time of surveillance”: l’inizio sarà un bel colpo di nostalgia per i ragazzi degli anni ’80 che hanno conosciuto il mitico rumore del modem 56 kb quando si avviava la connessione…ma poi la canzone vira su toni decisamente sexy e accattivanti che vi faranno oscillare le anche e ballare anche le sopracciglia. Abbiamo eletto la nostra nuova canzone da limone duro...Are you in 2017.
10) “Make no sound in the digital forest”: canzone strumentale di una bellezza che solo gli Incubus sanno fare, mi ha ricordato alcuni pezzi tratti da “Look Alive”. Suoni ricercati, molto particolari, in un riuscito esperimento in cui alcuni componenti della band si sono scambiati i ruoli: Ben alla batteria, Brandon al basso, mentre Mike è rimasto alla chitarra.
E’ un intro per una doppietta da paura che vedo molto bene da proporre durante i live, per accompagnare i fans in un vero viaggio emozionale..
11) “Throw out the map”: l’inizio è sorprendente, collegata alla canzone precedente: il rumore dei passi sui sassi, la voce di un ragazzo e una ragazza che non sanno dove sono (Do you have any idea where we are right now? I have no fucking idea where we are) e l’attacco super rock ci conducono in un viaggio senza mappa che vi farà perdere nei meandri della vostra mente. Canzone a tratti psichedelica, speciale come può essere solo una canzone degna del gran finale. A tratti mi ha ricordato delle sonorità di “Under my umbrella”. Sulla frase finale “Chaka Khan motherfuckers “ potremo aprire un bel dibattito…
VOTO: 4/5